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John Keats (Londra, 31 ottobre 1795 – Roma, 23 febbraio 1821) è stato un poeta inglese, uno dei principali esponenti del romanticismo.
Nonostante il mancato successo presso i suoi contemporanei, John Keats è oggi unanimemente considerato uno dei più grandi poeti del Romanticismo inglese e alcune delle sue opere, le odi soprattutto, hanno raggiunto la fama immortale che gli è stata negata in vita. Molti scrittori e artisti sono stati profondamente influenzati dalla sua poetica, primo fra tutti Jorge Luis Borges, per il quale il primo approccio a Keats rappresentò la più importante esperienza letteraria di tutta la sua vita.
Nel 1811 abbandona la scuola e inizia un apprendistato presso Thomas Hammond, farmacista e chirurgo di Edmonton, che lo porta a studiare medicina al Guy's Hospital nel 1815. Nonostante l'anno seguente venga abilitato alla professione, non la eserciterà mai. In questo periodo Keats inizia ad affacciarsi alla società letteraria inglese: va a teatro, s'accosta alle idee radicali, si misura con i poeti più in voga (Wordsworth, Byron, Shelley) e soprattutto legge l'Examiner di Leigh Hunt, che ammira spassionatamente "per aver mostrato la verità a uno stato adulato". Proprio sull'Examiner viene pubblicata per la prima volta una sua poesia, O Solitude.
Grazie alla sua amicizia con il pittore Benjamin Haydon e John Hamilton Reynolds, riesce a essere presentato a Leigh Hunt, che diventa così il suo principale modello di riferimento poetico degli esordi. Il piccolo circolo di artisti e letterati riunito intorno a Hunt si dimostra molto stimolante per Keats. Sono all'ordine del giorno gare poetiche in cui si deve comporre un sonetto in soli quindici minuti: è l'occasione in cui sono stati scritti Written in Disgust of Vulgar Superstition, On the Grasshopper and Criket e To the Nile. Un giorno, mentre Keats e Hunt siedono in casa con due autocelebrative corone d'alloro in capo, bussa qualcuno. Hunt si toglie subito la corona, ma Keats in preda all'entusiasmo rifiuta e rimane così per tutta la visita, probabilmente delle sorelle di Reynolds. Sull'evento scrive To the Ladies Who Saw Me Crown'd e poi God of the golden bow, in cui chiede scusa ad Apollo, dio della poesia per la sua sfacciataggine.
Nel frattempo, dopo essersi trasferito coi fratelli a Cheapside, Keats scrive quella che viene considerato quasi unanimemente la sua prima importante poesia, On First Looking into Chapman's Homer, pubblicata sull'Examiner nel dicembre 1816. Hunt celebra Keats e Shelley come i due più promettenti poeti di quella generazione.
Finalmente il 3 marzo 1817 Keats pubblica il suo primo libro di poesie, dal titolo Poems, che tuttavia sotto il punto di vista della critica si rivela un fallimento e lascia gli editori, Charles e James Ollier, insoddisfatti. Keats cambia allora editori, accordandosi con Taylor e Hessey, che pubblicheranno tutte le sue poesie successive. Nell'aprile del 1817 Keats fa un viaggio sull'Isola di Wight, dove, immerso completamente nella propria poesia, inizia a ideare, e poi scrivere, il suo poema, Endymion. Tra i diversi viaggi di quell'estate è importante ricordare quello a Canterbury e Hastings, dove incontra Isabella Jones, di cui si infatua, ma del cui rapporto con il giovane poeta non si sa molto. Fino a quel momento si conosce solo un'altra donna che aveva colpito violentemente l'immaginazione di Keats, una sconosciuta vista di sfuggita nel 1814 a Vauxhall. Pensando a lei, scrive Fill for me a brimming bowl e forse la rievoca anche a anni di distanza in When I have fears that I may cease to be e Time's sea hath been five years at its slow ebb.
Il 28 novembre, quando Endimione è ormai terminato, partecipa a una cena, soprannominata "Immortal dinner", a casa di Haydon, a cui sono presenti anche Wordsworth, Lamb e altri. Durante la serata Haydon chiede a Keats di recitare il delizioso inno a Pan del libro I di Endimione, ma il commento di Wordsworth è piuttosto secco: "Un grazioso pezzo di paganesimo." Keats non glielo perdonerà mai. I primi mesi del 1818 il fratello Tom si ammala e inizia a sputare sangue preoccupantemente. L'altro fratello, George, si sposa con Georgiana Wylie e partono per l'America in cerca di fortuna, mentre poco dopo, a inizio estate, Keats comincia il giro a piedi del Lake District e della Scozia con l'amico Charles Brown. Al suo ritorno trova le condizioni del fratello aggravate. Inoltre Endymion al pari di Poems è stato stroncato dalla critica.
La più valida produzione poetica di Keats si situa tra la primavera e l'estate del 1818 ed include Ode to Psyche (Ode a Psiche), Ode on a Grecian Urn (Ode su un'urna greca) e Ode to a Nightingale (Ode a un usignolo).
Muore il 24 febbraio 1821 a Roma intorno alle 23.00, in un appartamento che guarda piazza di Spagna; viene sepolto nel cimitero acattolico di Roma. La sua ultima richiesta viene rispettata ed è così che sulla sua lapide si legge solo il seguente epitaffio, commissionato dai suoi amici Joseph Severn e Charles Brown:« Questa tomba contiene i resti mortali di un GIOVANE POETA INGLESE che, sul letto di morte, nell’amarezza del suo cuore, di fronte al potere maligno dei suoi nemici, volle che fossero incise queste parole sulla sua lapide: “Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell'acqua” »
Le lodi alla poesia di Keats vennero in primo luogo da Oscar Wilde che giunto a Roma, dopo esser stato ricevuto dal papa si distese davanti alla tomba di Keats e lì per lungo tempo venerò il grande poeta. Egli doveva molto a Keats come pure a Walter Pater, primo decadentista. La poesia di Keats è caratterizzata per la maggior parte dall'ispirazione ai grandi poeti del passato e spesso si riduce ad un manierismo imitativo. Numerosi sono i casi di "ispirazione artificiosa" o di "lessico preso a prestito" copiato ed incollato con stucchevole banalità. Solo raramente in gioventù, o nelle grandi odi della maturità, Keats riuscì a liberarsi da tale manierismo, riuscendo a raggiungere alte vette poetiche ispirate ad una Weltanschauung davvero personale. Proprio per questo motivo, produce dispiacere la morte precoce, a soli 25 anni. Morte sopraggiunta proprio nel pieno della maturità artistica.
* * *
Fantasia
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
Dici di amarmi
Dici di amarmi, ma con un sorriso freddo come un'alba di settembre. Mi sorridi, lo vedo, ma il tuo sorriso non mi scalda. Dici di volermi bene, ma il tuo bene non mi abbraccia. Invece questo vorrei da te, un'amore da poter infilare come un morbido, carezzevole, soffice maglione di lana. Ne sei capace?... Oh, amami davvero!
questo aforisma mi piace molto:
L'unico modo per rafforzare l'intelletto è quello di non decidere niente riguardo a nulla - di lasciare che la mente sia una strada percorribile da tutti i pensieri.
Edited by Meg… - 25/1/2015, 20:47. -
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mi piace molto anche questa:
Bright Star
Bright star, would I were stedfast as thou art--
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature's patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth's human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors--
No--yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow'd upon my fair love's ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever--or else swoon to death.
Fulgida stella
Fulgida stella, fossi fermo come tu lo sei
ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte,
a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno,
come paziente di natura, insonne eremita,
le mobili acque al loro dovere sacerdotale
di puro lavacro intorno a rive umane,
oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta
della neve sopra i monti e le pianure.
No - pure sempre fermo, sempre senza mutamento,
vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,
sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
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~Blueberry.
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a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
che bella. -
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La mia brillante disonestà sarà la mia salvezza...
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e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
riquoto Blu!. -
CinderNella.
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Quella sull'amoreeee ç__ç . -
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Senza di te
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio Amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.
Non pensarci, mia cara
Non pensarci, mia cara,
Non pianger più:
a sospirare impara,
e di non tornare, diglielo tu!
Dolcezza mia, non impallidire,
Non mostrare il volto triste e sconsolato:
Oppure, se vuoi, spargi pure una lacrima - se n'è andato -
Si, certo, era nato per morire!
Ancora cosi pallida? Piangi pure, allora, a profusione,
Che le lacrime tue conterò nel sentire:
Saranno per te una benedizione
Negli anni a venire!
Vedi? A lasciato i tuoi occhi più sfavillanti
d'un soleggiato ruscello,
e le tue melodie sussurranti
Son ancora più dolci di quello!
Pure, poiché lacrime e pianto son seguaci
Delle gioie fuggenti,
Insieme piangiamo: ma le note dolenti
Del rimpianto intrecciate sian di baci.
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ho integrato con qualche cosa in più sulla vita nel primo topic e qui inserisco una delle mie opere preferite
Alcuni passi di "Ode A Un Usignolo"
I.
Il cuore mi duolee un sonnolento torpore affligge
i miei sensi come se della cicuta io abbia bevuto
o vuotato un greve sonnifero fino alle fecce
or è solo un minuto e verso Lete sia sprofondato:
non è per invidia della tua felice sorte
ma per esser troppo felice nella tua felicità
che tu Driade degli alberi dalle ali leggere
in un melodioso recinto
verde di faggie dalle ombre innumerevoli
canti dell’estate agevolmente a gola piena.
III.
Vanir via lontano dissolver mie affatto dimenticare
ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto
il languore la febbree l’ansia
qui dove gli uomini seggono e odon l’un l’altro gemere;
dove la paralisi scuote pochi tristi ultimi capelli grigi
dove la giovinezza si fa pallida e spettralee muore;
dove pur il pensare è un esser pieni di dolore
e di disperazioni dagli occhi plumbei
dove la Bellezza non può serbare i suoi occhi luminosi
o il nuovo Amore struggersi per essi più là di domani.
VI.
All’oscuro io ascolto; e ben molte volte
son io stato a mezzo innamorato della confortevole Morte
e l’ho chiamata con soavi nomi in molte meditate rime
perché si portasse nell’aria il mio tranquillo fiato;
ora più che mai sembra delizioso morire
aver fine sulla mezzanottesenza alcun dolore
mentre tu versi fuori la tua anima intorno
in una tale estasi!
ancora tu canterestied io avrei orecchie invano
al tuo alto requie divenuto una zolla.
VIII
Abbandonate! la parola stessa è come una campana
che rintocchi per ritrarmi da te alla mia solitudine!
Addio! la fantasia non può frodare così bene
com’ella ha fama di fare ingannevole silfo.
Addio! addio! la tua lamentosa antifona svanisce
oltre i prati vicini sopra la silenziosa corrente
su per il fianco del colle; ed ora è sepolta profonda
nelle prossime radure della valle:
fu una visione o un sogno ad occhi aperti?
fuggita è quella musica: son io desto o dormo?.